7 Marzo 2018

ROMA parte seconda

Roma ha questo di buono, che non giudica, assolve.
(Ennio Flaiano)

Per noi di Monte Mario, Roma funziona così:
A 6 anni, puoi scendere nel cortile condominiale.

A 9 anni puoi andare e tornare da solo dalla fermata del pulmino, all’inizio della tua strada (se non è l’Appia, altrimenti ti ritrovi in Puglia!).

A 11 puoi arrivare da solo a scuola ma non è detto che dopo puoi uscire nel quartiere con gli amici.

A 14 puoi uscire nel quartiere con gli amici.

A 15 il tuo quartiere smette di essere fatto di 5 isolati e scopri improvvisamente che potrebbe fare tranquillamente provincia!

A 16 o 17 inizia la scoperta, solo pomeridiana, di strade desiderabili come mondi paradisiaci, una su tutte, Via del Corso.

A 18 anni il centro è accessibile, hai più o meno dimestichezza con zone come il Pantheon, Piazza Navona e Piazza del Popolo. E lì, ti innamori di brutto!

Dopo i 20 anni scopri mondi di perdizione come San Lorenzo, il Pigneto, Ostiense, Testaccio; praticamente ogni giorno ti farai 18 km ad andare e 18 km a tornare perché Roma Sud ha quartieri con un’età media della popolazione che ti si addice molto di più. A Roma nord becchi solo genitori. L’Eur, poi, è una gran figata… per una gita fuori porta!

A 25 anni San Lorenzo ti ha stufato, almeno se ci tieni a finire l’università, a fare qualcosa nella vita; ti fermi prima, a Castro Pretorio, magari proprio alla Biblioteca Nazionale. Per la sera tendi a preferire Trastevere o la Garbatella mentre cominci a comprendere il senso di Prati e la bellezza del Trieste. Inizi anche a capire la distribuzione dei quartieri, per andare da uno all’altro, non passi più prima per casa!

A 35 anni, ma ancora di più a 40, ve lo dico, Roma Nord ha un gusto speciale tutto suo, ti iscrivi al comitato di quartiere, Monte Mario ti appare più apprezzabile, sei orgoglioso del Santa Maria della Pietà e della nuova pista ciclabile. Dall’alto dello Zodiaco puoi guardare lontano anche se al massimo poi ti spingi a Flaminio con il Ponte della Musica, l’Auditorium e il Maxxi. Ora sei genitore pure tu!

Questo racconto si può personalizzare in quasi tre milioni di modi, a seconda della strada in cui nasci, del grado di severità della famiglia, del luogo di studi o di lavoro, ecc. Una città è anche questo, un insieme di tracciati personali, diversi per ognuno, come scie di storie sconosciute. Gli unici, qui a Roma, in grado di ricoprire tutta la superficie di 1.285 Km² saranno, probabilmente, solo i tassisti! Per tutti gli altri si ragiona in termini di raggio d’azione! Il rapporto che si può instaurare con Roma si basa sulla parzialità, nel senso di una mancata completezza, che rende ogni romano la particella di un pulviscolo, magari una particella tronfia e fiera ma sempre un po’ spaesata se gli cambi contesto. Roma sfugge, tu appartieni a lei ma lei, mai e poi mai, apparterrà a te!

Parlare di Roma è sempre difficile, strano, superfluo, ridondante, scontato. Potrebbe trattarsi soltanto di un mio problema, vista la predilezione che ho da sempre avuto per cose poste lontane dai riflettori. Roma invece è sfacciatamente bella, ti abbaglia, ti può davvero sorprendere ogni giorno. E’ il suo fascino un po’ crudele che ti annichilisce con un tramonto e ti tortura con una vista panoramica, un fascino pericoloso che poi si paga in termini di eterno stordimento e tratti di pericolosa spacconaggine.

Come Gualandi, cioè come piccolo laboratorio di autoproduzioni artigianali, ci piacerebbe, da un punto di vista logistico e di marketing, stringere con il territorio su cui risiediamo un rapporto più identificativo.
Con Roma come si fa? La logistica è ancora un attimo da migliorare e, a livello di comunicazione, volendo rintracciare radici… beh ecco, non ce la sentiamo di attingere alla grande leggenda dell’Urbe ma neanche chiamare in causa, chessò, le fornaci di Monte Ciocci a Valle Aurelia, sopra le quali sta giusto per ergersi l’ennesimo indispensabile centro commerciale.
La verità è che nonostante tutte le critiche, le difficoltà, le irragionevolezze, le contraddizioni, questa città ha infinite potenzialità ancora inespresse e da stanare. La cosa bella di un territorio così gremito e vasto è la domanda-offerta che potrebbe promettere ad esperienze di immaginazione e sperimentazione.
Immaginazione e sperimentazione, si, proprio quelle che in genere siamo abituati a cercare solo nei musei e che invece potrebbero stare benissimo ovunque: al mercato, dal medico, dall’elettrauto, ai giardinetti, nei parcheggi, in ascensore, al ministero, alla posta, alla fermata dell’autobus. Perché mettendo insieme l’immaginazione e la sperimentazione si generano le idee, non solo quelle creative in senso stretto.
Allora per un fatto semplicemente matematico e statistico, una città con quasi tre milioni di abitanti potrebbe avere un enorme serbatoio di immaginazione e sperimentazione a disposizione, dato che, entrambe queste componenti, per esistere, presuppongono il genere umano.
L’unico sforzo da fare è dimenticarsi di stare a Roma, dove tutto è concesso, tutto si sopporta, dove “non si giudica, si assolve”, e fare finta di avere a disposizione un foglio bianco da riempire di idee.

Insomma, metti che noi qui a Roma ci siamo nati e ci siamo vissuti, metti che proprio non ce ne siamo mai andati (pur avendolo segretamente progettato) e metti pure che viaggiamo poco, insomma noi, cioè i Gualandi, e Roma, siamo un tutt’uno!
Il nome del nostro laboratorio contiene il toponimo di una via del cavolo di Monte Mario. Veramente una via del cavolo! Le nostre radici le abbiamo sempre messe con convinzione proprio qui, nella nostra città, però non nella solita Roma ma in quella da riempire, da immaginare, da sperimentare.