Abbiamo conosciuto Andrea quasi un anno fa.
Siamo capitati vicini di postazione ad un evento a Rimini.
Quando siamo arrivati abbiamo trovato scritto Officine Gualandi a terra su un cartello, nel grande Salone dell’Arengo. Tre metri per due: lo spazio temporaneo in cui mettere in scena il nostro mondo creativo.
Ci guardiamo intorno. Nei tre metri alla nostra destra c’è già allestito un mondo affascinante, anche se non c’è nessuno.
Chi sarà?! Capiamo subito di non averlo mai incontrato prima.
Anche se c’è un telo che copre tutto, si intravede lo stesso una cura maniacale.
Con Andrea ci siamo frequentati tre giorni. Abbiamo parlato e riso tanto insieme.
Andrea fa scarpe e borse completamente a mano. Riesce a produrre in un anno poco più di quaranta paia di scarpe realizzate con pelle italiana conciata al vegetale in Toscana. Non utilizza alcun macchinario. Non utilizza energia elettrica.
Non accetta compromessi, nel lavoro e nella vita.
Andrea affronta la materia plasmandola dall’inizio alla fine con le proprie mani. Un modo antico, profondo, simbiotico, di affrontare un materiale e la sua lavorazione.
Siamo abituati ad acquistare marche non oggetti.
Non ci chiediamo quegli oggetti come sono nati, da dove vengono, come sono fatti, quanto dureranno. Anche in passato si faceva così. Eravamo abituati bene cento anni fa qui in Italia, potevamo farlo.
Oggi queste domande ce le dobbiamo fare, oggi che il mondo è globalizzato, uniformato, targettizzato.
Noi che arriviamo dopo, che rappresentiamo le nuove leve dell’artigianato, che uniamo le tecniche tradizionali alle nuove tecnologie, ai social, al branding, ecc., ci sentiamo in obbligo verso le precedenti generazioni di artigiani, quelli come Andrea, che hanno contributo alla creazione di quel Made in Italy famoso in tutto il mondo.
Nel frattempo gli oggetti hanno cambiato status; proprio come dice Andrea, oggi “gli oggetti, al di là della loro materialità, sono il frutto di connessioni sinaptiche, di relazioni, di sentimento, di visione del mondo che desideriamo”.
I grandi marchi hanno imparato molto bene questa lezione, applicandola però ad unico vantaggio del mondo che desiderano loro. Andrea con le sue scarpe ci parla di un mondo rispettoso dell’ambiente, in cui gli oggetti non deperiscono, non hanno una data di scadenza, non sono dannosi per l’organismo, durano una vita diventando via via sempre più belli.
Sono mesi che desideravo raccontarvi di Folets e del suo creatore. L’anno però si è rivelato piuttosto impegnativo per noi Gualandi facendomi rimandare ogni volta.
Poi l’altro giorno, all’improvviso, ci siamo sentiti al telefono.
Di nuovo abbiamo chiacchierato, di nuovo la sua ironia e di nuovo ho avvertito la sua resistenza stoica.
Esattamente come un anno fa ho sentito l’urgenza di parlarvi di lui.
Forse Andrea in questo mondo è un’eccezione, di sicuro è un’eccellenza. Se vi dovesse capitare di incontrarlo, a proposito ad ottobre lo troverete a Bolzano, sappiate di essere al cospetto di un uomo che pratica ogni giorno la bellezza non come immagine ma come valore!
A presto Andrea,
i Gualandi
“Ogni manufatto costruito con le mani, rappresenta un modo di vivere, di fare, di essere. Essere specchio di una volontà trasformatrice di valori di una determinata civiltà, è l’immagine ideale cui l’uomo aspira per configurare la propria natura. Qualsiasi aspetto umano si esprime attraverso il costume in una insuperabile unilateralità. Ecco il punto: un manufatto si identifica con il costume, incarna e tramanda lo spirito di una terra e del popolo che la abita. Un manufatto rappresenta l’espressione di una creatività che si fonda sull’intelligenza della mano. Un manufatto che “parla” all’uomo e colpisce il suo senso estetico. Che la bellezza sia una forza capace di rendere vivi, la curiosità e lo stupore”.
Andrea Traina, Folets